CONTRACCEZIONE DI EMERGENZA (pillola del giorno dopo)
fonte: aied.it
In Italia sono in commercio due tipi di contraccezione d’emergenza: quella che agisce fino a 72 ore (3 giorni) dopo il rapporto, detta pillola del giorno dopo e quella più efficace, in commercio dal 2010, che agisce fino a 120 ore (5 giorni) dopo il rapporto, detta anche pillola dei 5 giorni dopo.
Occorre precisare, innanzitutto, che la pillola del giorno dopo e la pillola dei cinque giorni dopo non sono pillole abortive. La contraccezione d’emergenza, o contraccezione post-coitale, rappresenta una metodica di supporto, dal momento che il suo utilizzo è inteso non come metodo contraccettivo abituale, ma limitato a situazioni a rischio di gravidanza in seguito a un rapporto non adeguatamente protetto, come per esempio:
- assenza di utilizzo di un metodo contraccettivo
- uso scorretto o fallimento di un metodo contraccettivo:
- rottura o dislocamento del profilattico
- dimenticanza di due o più pillole combinate consecutivamente
- ritardo dell’assunzione di pillola progestinica contenente levonogestrel o desogestrel
- dislocamento o ritardo nell’assunzione o precoce rimozione del cerotto o dell’anello contraccettivo
- dislocamento, rottura, lacerazione o precoce rimozione del diaframma o del cappuccio cervicale
- errore nel calcolare il periodo fertile
- espulsione di dispositivo intrauterino
- fallimento coito interrotto (eiaculazione in vagina o sui genitali esterni)
- violenza sessuale in assenza di protezione contraccettiva
Anche se sono ormai entrate nell’uso comune, le definizioni “pillola dei cinque giorni dopo” e “pillola del giorno dopo” non sono corrette, in quanto vanno assunte il prima possibile dopo il rapporto “a rischio di gravidanza”; per questo motivo, infatti, oggi si preferisce ad usare le definizioni “contraccezione d’emergenza”.
Come agiscono
I due farmaci agiscono spostando l’ovulazione in avanti di qualche giorno, consentendo così al cosiddetto rapporto a rischio di non essere fecondante. Tuttavia mentre la formulazione a base di Levonorgestrel, la pillola che agisce fino a 72 ore dopo il rapporto, non è in grado di bloccare il processo che porta all’ovulazione quando questo sia già iniziato, la nuova pillola, a base di Ulipristal Acetato, è in grado di far slittare l’ovulazione anche quando il processo che porta all’ovulazione è già in corso. In ogni caso vale sempre la regola di assumerla il prima possibile. Infatti, l’efficacia contraccettiva della pillola dei 5 giorni dopo (quella a base di Ulipristal Acetato), assunta entro le prime 24 dal rapporto a rischio di gravidanza indesiderata, è ben tre volte più efficace della pillola del giorno dopo a base di Levonorgestrel e due volte più efficace se assunta entro 72 ore.
Come si ottengono
In Italia sia la pillola del giorno dopo che quella dei cinque giorni dopo si acquistano in farmacia senza obbligo di ricetta né per le donne maggiorenni né per le minorenni.
È bene sapere che le pillole contraccettive d’emergenza:
- sebbene siano molto efficaci (dal 95% ad oltre il 99%), non prevengono la gravidanza in ogni circostanza. Infatti, se dopo averla assunta si verifica un ritardo di oltre 5 giorni sul proprio ciclo mestruale è necessario fare un test di gravidanza;
- la tollerabilità della pillola dei cinque giorni dopo e della pillola del giorno dopo è equivalente e sono comunque ben tollerate;
- agiscono impedendo la fecondazione dell’ovulo, in quanto sono in grado, a seconda del tipo, di spostare l’ovulazione di qualche giorno prima che inizi il processo che porta all’ovulazione (pillola a 72 ore), o anche dopo il suo inizio (pillola a 120 ore), ma se l’ovulazione è già avvenuta e l’ovulo è stato fecondato, i farmaci non hanno più effetto;
- non possono essere usate come contraccettivo abituale;
- non possono interrompere una gravidanza in atto;
- non sono efficaci su eventuali rapporti sessuali non protetti avvenuti dopo l’assunzione.
Interazione con altri farmaci
Come per la pillola, classicamente intesa, esistono alcuni farmaci che possono interagire con le pillole contraccettive d’emergenza, tra questi:
- Alcuni medicinali usati per trattare l’epilessia (fenobarbital, fenitoina, primidone, carbamazepina)
- Alcuni medicinali usati per il trattamento delle infezioni da HIV (ritonavir)
- Alcuni medicinali per il trattamento di alcune infezioni batteriche (rifabutina, rifampicina, griseofulvina)
- Preparazioni a base di piante medicinali contenenti Erba di S. Giovanni (Hypericum perforatum).
È dunque opportuno, nel caso si abbia bisogno di assumere la contraccezione d’emergenza, fare presente al medico l’eventuale uso concomitante di altri farmaci.
PROFILI LEGALI
Nel settembre del 2000 il Ministero della Sanità, al fine di adeguare i prontuari farmaceutici italiani agli standard europei, autorizzava l’immissione in commercio della pillola contraccettiva d’emergenza, farmaco basato sul principio attivo del Levonorgestrel.
Ulipristal acetato 30 mg è stato approvato dall’EMA (Agenzia Europea dei medicinali) il 15 Maggio 2009, e da FDA (Agenzia regolatoria americana) nell’agosto 2010, in Italia è stato immesso in commercio nel 2012.
La diffusione commerciale della contraccezione d’emergenza ha suscitato alcune perplessità nell’opinione pubblica principalmente in relazione a possibili contrasti con la legislazione vigente in materia di interruzione di gravidanza.
Il TAR del Lazio (sezione 1ª bis, sentenza del 2 luglio 2001) ha fugato ogni dubbio in merito alla legittimità del provvedimento autorizzativo della messa in commercio del farmaco. Il dibattito si è incentrato fondamentalmente su tre questioni: interruzione di gravidanza, obiezione di coscienza, somministrazione alle donne minorenni.
GRAVIDANZA
fonte: aied.it
EVOLUZIONE DELLA GRAVIDANZA
La gravidanza inizia con la fecondazione di un ovulo maturo da parte di uno spermatozoo.
Durante il rapporto sessuale avviene la deposizione in vagina del liquido seminale, tramite l’eiaculazione e, dei milioni di spermatozoi prodotti, soltanto uno sarà in grado di arrivare a fecondare l’ovulo maturo a livello della tuba uterina.
Dopo circa 30 ore dalla fecondazione, l’ovulo inizia ad “automoltiplicarsi” attraverso numerose segmentazioni.
Dopo circa 6 giorni dalla fecondazione, l’ovulo fecondato ha percorso tutto il tratto tubarico per poi andare a impiantarsi nello spessore della mucosa endometriale pronta ad accoglierlo.
Il prodotto del concepimento inizia così a crescere: si forma la camera gestazionale che contiene il liquido amniotico, dove “nuota” l’embrione (detto poi feto dopo il secondo mese di gravidanza). All’interno del sacco gestazionale è contenuta anche la placenta, l’organo che fa da tramite tra l’organismo materno e quello fetale.
Placenta e feto sono collegati dal cordone ombelicale e la placenta provvede al nutrimento e all’ossigenazione del feto, oltre che a svolgere una sorta di funzione di “filtro” rispetto alle sostanze nocive.
Le dimensioni dell’utero durante la gravidanza subiscono delle notevoli variazioni. Anche lo sviluppo del feto all’interno dell’utero si svolge gradualmente nel corso della gravidanza.
Visite ostetriche effettuate con cadenza mensile permetteranno di seguire l’evoluzione della gestazione, individuando e prevenendo eventuali complicazioni, e serviranno a programmare indagini di laboratorio, ecografiche ed altre, necessarie a garantire la salute di mamma e bambino.
INTERRUZIONE VOLONTARIA DI GRAVIDANZA
Nella maggior parte dei paesi europei e dell’occidente l’interruzione volontaria della gravidanza è legale e regolamentata dalla legge. L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda tutti i paesi del mondo a dotarsi di leggi che legalizzino e regolamentino l’IVG al fine di garantire la libera scelta delle donne e per scongiurare le morti o le gravi complicazioni causate da pratiche abortive o interventi chirurgici insicuri.
La legge 194, quella che dal ’78 ha reso legale l’interruzione volontaria della gravidanza, ha garantito alle donne la possibilità di effettuare l’aborto in condizioni sicure dal punto di vista sanitario, abbattendo in maniera quasi assoluta l’incidenza della mortalità legata alle complicanze dell’intervento, le infertilità secondarie e le altre penose conseguenze fisiche derivanti dalle condizioni spesso spaventose in cui venivano praticati gli aborti clandestini.
Oggi l’IVG (Interruzione Volontaria di Gravidanza) è un intervento del tutto sicuro dal punto di vista medico, gravato da una percentuale di complicazioni, sia immediate che a distanza, davvero minima.
Entro i primi novanta giorni (12 settimane) di gestazione, può interrompere la gravidanza la donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito.
L’interruzione volontaria della gravidanza, dopo i primi novanta giorni, può essere praticata:
- quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna;
- quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.
I processi patologici che configurino i casi terapeutici qui sopra previsti, vengono accertati da un medico del servizio ostetrico-ginecologico dell’ente ospedaliero in cui deve praticarsi l’intervento, che ne certifica l’esistenza.
Come purtroppo spesso accade l’ applicazione della legge deve fare i conti con le singole realtà territoriali.
Quello delle lunghe attese per sottoporsi ad una IVG è un problema comune quasi all’intero territorio nazionale, con ovviamente alcune aree nelle quali il problema diventa davvero serio.
La legge stabilisce infatti che si possa effettuare l’intervento a distanza di una settimana dalla certificazione medica che attesta lo stato di gravidanza e conferma la volontà della donna di interromperla.
Questo deve avvenire entro la 12° settimana di gestazione. Spesso però i tempi di attesa sono assai più lunghi della settimana prevista (che, nello spirito dei legislatori, doveva fornire una pausa di riflessione), aggirandosi in media sulle 2-3 settimane.
É evidente come questa latenza costituisca un disagio in genere, perché, una volta maturata la decisione di interrompere la gravidanza, decisione mai facile, ma anzi spesso sofferta e fonte di sofferenza, doverne procrastinare la realizzazione, “vivendo” una gravidanza che si è deciso di non portare avanti, costituisce un peso psicologico tutt’altro che indifferente per qualunque donna.
In più, è vero che l’intervento è meno impegnativo nelle fasi precoci della gravidanza, anche se le maggiori percentuali di buon esito sono per le IVG effettuate tra la 6° e la 9° settimana.
Ma davvero drammatica diventa la prospettiva delle lunghe attese nei casi in cui la gravidanza viene diagnosticata più tardi, con il rischio di andare oltre il termine previsto dalla legge.
Le cause di queste incresciose situazioni sono da ascrivere a fattori molteplici e diversi per ogni singola realtà, ma di certo comune alla maggior parte è la scarsità di personale destinato ai servizi di interruzione di gravidanza. La legge prevede infatti per il personale sanitario (medico e paramedico) la possibilità dell’obiezione di coscienza, il che nei fatti si traduce in una ridotta disponibilità di personale da adibire a questi servizi e ad un sovraccarico importante per i sanitari che si rendono disponibili.
Se la donna è di età inferiore ai diciotto anni
Se la donna è minorenne, per l’interruzione della gravidanza è richiesto l’assenso di chi esercita sulla donna stessa la potestà o la tutela. Tuttavia, nei primi novanta giorni, quando vi siano seri motivi che impediscano o sconsiglino la consultazione delle persone esercenti la potestà o la tutela, oppure queste rifiutino il loro assenso o esprimano pareri tra loro difformi, il consultorio o la struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, espleta i compiti e le procedure di legge e rimette entro sette giorni dalla richiesta una relazione, corredata del proprio parere, al giudice tutelare del luogo in cui esso opera.
Il giudice tutelare, entro cinque giorni, sentita la donna e tenuto conto della sua volontà, delle ragioni che adduce e della relazione trasmessagli, può autorizzare la donna a decidere l’interruzione della gravidanza.
Qualora il medico accerti l’urgenza dell’intervento a causa di un grave pericolo per la salute della minore, indipendentemente dall’assenso di chi esercita la potestà e senza adire il giudice tutelare, certifica l’esistenza delle condizioni che giustificano l’interruzione della gravidanza. Tale certificazione costituisce titolo per ottenere in via d’urgenza l’intervento.
Affrontare la scelta di interrompere una gravidanza quando si è molto giovani può essere particolarmente difficile e doloroso dal punto di vista psicologico. L’adolescenza è una delle fasi più complesse della vita, una fase di passaggio che spesso ci rende insicuri e ci fa sentire indifesi. Nei consultori AIED da sempre viene riservata una attenzione particolare agli adolescenti, attraverso consulenze sulla sessualità e la contraccezione pensate per i più giovani e avendo cura di stabilire fin da subito un clima di accettazione, ascolto e fiducia, nel pieno rispetto delle libertà e dei diritti delle ragazze e dei ragazzi.
L’AIED garantisce piena assistenza alle minorenni che scelgono di interrompere la gravidanza, nel rispetto di quanto previsto dalla legge e con la necessaria attenzione alla tutela dei loro diritti.
Se la donna è una cittadina non italiana
Per le cittadine straniere, comunitarie e non, l’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale (S.S.N.) garantisce l’assistenza sanitaria prevista per l’IVG e comporta parità di trattamento rispetto alle cittadine italiane.
Alle cittadine straniere non iscritte al servizio sanitario nazionale, siano esse regolari o irregolari, la prestazione sanitaria dell’IVG sarà garantita dietro pagamento alla ASL delle tariffe previste per legge, che possono cambiare a seconda della regione. Per le cittadine straniere sia comunitarie che extracomunitarie, anche irregolari, l’interruzione volontaria di gravidanza rientra fra le prestazioni mediche essenziali e urgenti che deve essere garantita anche a chi non possa permettersi di pagare la prestazione.
Dopo l’intervento
L’AIED consiglia, dopo un’interruzione di gravidanza, un controllo ginecologico per verificare il buon esito dell’intervento e il buon andamento del decorso postoperatorio.
Oggi l’interruzione di gravidanza è un intervento sicuro in tutte le realtà ospedaliere: la legge, oltre a ridurre in maniera drastica la quota di aborti clandestini, ha finalmente regolamentato le norme di sicurezza entro le quali deve essere praticato l’intervento, in modo da tutelare la salute e la futura fertilità delle donne che vi si sottopongono.
La visita di controllo costituisce l’occasione per affrontare con più serenità e consapevolezza la necessità di proteggersi dal rischio di una nuova gravidanza indesiderata e quindi di un altro aborto. Nonostante l’intervento sia sicuro, resta pur sempre una pratica chirurgica invasiva alla quale si deve ricorrere solo in caso di necessità.
Nei consultori AIED la visita di controllo postoperatoria prevede, oltre all’indagine ginecologica, una consulenza specifica di informazione sui metodi contraccettivi. Durante la consulenza gli operatori dell’AIED potranno illustrare i più moderni sistemi contraccettivi tra i quali la donna potrà scegliere quello che ritiene più adatto a sé. Esiste ancora una certa disinformazione riguardo la contraccezione, causata spesso dalla fretta con cui si cerca di raccogliere informazioni in modo autonomo ma anche dalla difficoltà nell’individuare una fonte di informazione competente e affidabile.
Affidarsi ad una contraccezione sicura, oltre a mettere al riparo la donna dal rischio di gravidanze indesiderate, può aiutare ad avere una maggiore tranquillità e confidenza durante il rapporto sessuale. In particolare è importante per gli adolescenti, che in questa fase della vita esplorano la sessualità spesso senza preoccuparsi di proteggersi.
Vi sono altri aspetti da considerare e che incidono sul vissuto della donna dopo l’esperienza di un aborto. Se dal punto di vista medico-chirurgico non resteranno conseguenze, altrettanto non si può dire per quanto riguarda le “cicatrici” che possono restare a livello psicologico.
La decisione di ricorrere all’aborto, checché ne dicano coloro che da diverse posizioni (politiche, religiose, ecc.) da anni combattono contro la libera scelta delle donne su questo argomento, non è mai facile, per quanto valide e ragionate siano le motivazioni che hanno indotto a prenderla.
I tempi e le modalità per elaborare questa esperienza sono diversi per quanto diverse sono le donne che la vivono, ma è certo che occorre tempo e lavoro su sé stessi per farlo in maniera efficace.
Perché il rischio – quando si “archivia” apparentemente in fretta e con facilità la ferita alla propria identità femminile che l’aborto volontario inevitabilmente comporta – è quello di veder tornare fuori quanto non elaborato sotto forma di disturbi diversi e indecifrabili, ma che hanno in comune il “compito” di rimettere in luce proprio il segno di quella ferita.
E non serve a curare questa ferita il modificare le condizioni esterne a sé (il cambiare partner ad esempio): la sola operazione che può risultare efficace è quella di riportare alla superficie cosciente quanto l’esperienza ha significato.
Le strade possibili per farlo sono diverse, si può completare questo lavoro anche in maniera autonoma, ma certo quello di una psicoterapia può essere in questo caso un valido aiuto per venire a patti con la scelta fatta, non per cancellarla, ma per riuscire a “sistemarla” nel complesso bagaglio di esperienze che ci portiamo dietro.
IL PARTO
Il giorno in cui avverrà il parto dovrà essere indicato calcolando 280 giorni dal primo giorno dell’ultima mestruazione (9 mesi solari). Se il bambino nasce prima del 260° giorno si avrà un parto pretermine.
Il parto è quell’evento naturale durante il quale avviene l’espulsione del feto dal grembo materno.
Nella maggior parte dei casi il parto avviene per via vaginale, mediante le contrazioni uterine.
In una minoranza di casi il parto può, invece, prevedere un intervento chirurgico: il taglio cesareo. È un parto che avviene per via addominale e che si effettua con l’apertura chirurgica della parete addominale e dell’utero, per estrarre il bambino.
L’andamento di un parto per via vaginale può essere schematizzato in 4 fasi:
- Fase preparatoria: consiste in deboli dolori che corrispondono alle prime contrazioni uterine;
- Fase dilatante: è la più lunga del parto e si identifica con il travaglio di parto. In questa fase inizia e si completa la dilatazione del collo uterino e si verifica – di solito – la rottura del sacco amniotico;
- Fase espulsiva: il feto fuoriesce dalla cavità uterina e penetra lentamente nel canale vaginale. A questo punto, oltre alla spinta data dalle contrazioni uterine (involontarie) è necessaria l’ulteriore spinta delle contrazioni dei muscoli addominali materni (volontarie);
- Fase del secondamento: in cui avviene il distacco e la fuoriuscita della placenta e delle membrane amniotiche.
È interessante, infine, ricordare la distinzione tra parto semplice, quando cioè il feto che viene alla luce è unico, e parto gemellare, quando due o più feti si sviluppano contemporaneamente, e sono poi partoriti a brevissima distanza di tempo l’uno dall’altro.
Nel caso di un parto gemellare possiamo distinguere:
- Gemelli identici: sono identici in tutto, ma soprattutto dal punto di vista genetico, perché derivano dalla divisione di un unico ovulo fecondato da un unico spermatozoo;
- Gemelli fraterni: possono essere diversi e lo sono soprattutto dal punto di vista genetico, perché derivano dalla fecondazione contemporanea di due ovuli maturi da parte di due diversi spermatozoi.
L’ESPERIENZA EMOTIVA DELLA GRAVIDANZA
Vediamo ora la gravidanza e il parto dal punto di vista psicologico e, quindi, in relazione ai vissuti e alle emozioni che questi eventi provocano nella madre e nel bambino che sta per nascere.
Durante i 9 mesi di gestazione possiamo osservare due ordini di fattori estremamente importanti:
- i cambiamenti fisici ed emotivi della madre;
- la crescita del feto.
Il periodo della gravidanza è caratterizzato da un susseguirsi di avvenimenti diversissimi, a seconda della personalità della donna, di come vive l’idea di avere figli, del rapporto che la lega alla sua infanzia e ai suoi genitori; a seconda che abbia o no un compagno e, se lo ha, del sentimento che la lega a lui.
Si alternano conflitti, momenti di serenità, sensazioni positive e negative, dubbi e paure.
- Primo trimestre
- Sono presenti variazioni di umore continue: da una gioia infinita a una profonda tristezza.
- Questo è anche il periodo in cui possono verificarsi disturbi, quali la nausea, il vomito, l’ipotensione ed altri, che contribuiscono a rendere instabile lo stato psichico della futura madre.
- Secondo trimestre
- Le diverse sensazioni sono legate all’adattamento a un corpo che cambia, alla percezione dei primi movimenti del bambino.
- É il periodo più tranquillo della gravidanza, quello in cui minori sono i rischi di aborto o di altre complicazioni e quello in cui la realtà del bimbo che dovrà nascere si fa palpabile, concreta.
- TERZO trimestre
- É tutto improntato all’imminenza del parto, un avvenimento temuto e desiderato allo stesso tempo.
- Se da un lato la madre non vede l’ora di conoscere il viso, tanto fantasticato, del bimbo che ha dentro di sé, dall’altro il parto può essere vissuto con ansia per la rottura di un legame così intenso e per la paura del dolore.
- Spesso, però, basta prendere il proprio bambino tra le braccia per ricreare quel legame.
Il bambino, da parte sua, per nove mesi cresce ed affina organi e funzioni.
Nella pancia della madre egli è attivo e in continua relazione con l’ambiente, sviluppa i sensi (tatto, gusto, olfatto e vista), e si ritiene sia in contatto emotivo con la madre, e possa avvertirne gli stati d’animo positivi e negativi.
PREPARAZIONE E CORSI PRE-PARTO
Per preparare le donne ad affrontare il parto nel migliore dei modi i consultori, pubblici e privati, organizzano “corsi di preparazione al parto”.
Scopo di questi corsi non è tanto quello di annullare i dolori del travaglio, quanto invece di insegnare tecniche di rilassamento e di respirazione e fornire la consapevolezza di quanto si dovrà affrontare, fase per fase del parto, in modo da renderla un’esperienza vissuta attivamente e non subita.
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